Laura Facchinelli - Arte |
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Tutto questo è successo negli anni ’70, dunque? È stato un decennio molto intenso: laurea in Lettere. naturalmente con tesi in Storia dell’Arte, a Ca’ Foscari (perché nel frattempo ero tornata a vivere nella mia città, Venezia). Lezioni alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia. Inizio dell’attività di critico d’arte. Lavoravo molto. Anche perché sono sempre stata un tipo solitario …
E l’arte riempiva dei vuoti! Mettiamola così. Comunque è anche vero che il “troppo pieno” spesso non lascia tempo per pensare, e quindi per creare. Una spinta formidabile a pensare e creare viene invece da un lavoro monotono, povero di stimoli. Hai presente un impiego statale?
Ho presente … Se fai un lavoro che non ti soddisfa pienamente, cercherai di esprimere la parte di te che ti sembra soffocata. Ho sempre pensato che ciascuno ha il diritto di mettere a frutto tutte le proprie potenzialità, che, altrimenti, si atrofizzano.
Eravamo arrivati al periodo astratto. E dopo? La pittura astratta costituiva, in certo senso, il momento estremo di indipendenza dalla forma reale, un limite al di là del quale non potevo andare. Un limite perché – per formazione, ma anche per temperamento - non ho mai avuto il desiderio di sovvertire schemi, di tralasciare le tecniche acquisite per giocare d’azzardo. La grammatica della mia espressione artistica è sempre stata la stesura di segni e colori su una superficie. Ecco perché, dopo aver concluso la sperimentazione astratta, mi sono fermata. Ho avuto la classica pausa di riflessione…
Per quanto tempo? Per alcuni anni ho lasciato da parte la pittura e ho continuato ad occuparmi d’arte studiando, frequentando le mostre. Ho dato spazio al giornalismo e alla stesura di saggi storici. Ma poi mi sono di nuovo innamorata del potere della pittura…
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