Laura Facchinelli - Arte |
Ma che ci facevi, a Genova? Il Liceo Classico. Quando ho iniziato il primo anno alla Facoltà di Lettere mi è venuta voglia di un percorso al di fuori dei libri. Così ho frequentato l’Accademia Ligustica di Belle Arti: un anno molto intenso, che ha lasciato il segno. In pittura sono partita da un amore sviscerato per la Metafisica di De Chirico. Ho avuto anch’io un “Periodo Metafisico”, ma le mie non erano presenze inquietanti: nel mistero forse cercavo i segreti della vita, che non conoscevo. Erano i primi anni ’70.
E poi? Sono passata al “Periodo della Sintesi poetica”. I manichini dechirichiani assumevano una corporeità calda, umana. Le prospettive ribaltate delle “piazze d’Italia” lasciavano spazio ad orizzonti quieti e rassicuranti, com’era nella mia natura. Guardando a Morandi, Rosai, Lilloni schieravo le case l’una accanto all’altra, di fronte a me, velate da una foschia lieve. Per ottenere quegli effetti dipingevo coi polpastrelli.
Un lavoro di pazienza. Sì. Passavo con le dita dall’una all’altra zona del quadro per sfumare, per ottenere un’atmosfera coerente in tutte le sue parti. Per qualche anno avevo studiato pianoforte, attività che poi, purtroppo, avevo abbandonato: forse la danza delle dita sulla tela mi richiamava, inconsciamente, il movimento sulla tastiera del pianoforte. Come prima legavo le note, così ora cercavo le dissolvenze nella resa pittorica.
Quanti quadri hai realizzato così? Una ventina e più. È stato un momento per me molto appagante. E anche oggi quei quadri piacciono, alle poche persone che li conoscono. Recentemente ho cambiato casa, o meglio mi sono creata la nuova casa, a Venezia, partendo dai nudi muri perimetrali: ebbene per trasformare quegli spazi estranei nella “mia casa” ho posto nel suo centro ideale, sulla credenza della sala da pranzo, un quadro di quel periodo con una grande casa bianca. E confrontando quel dipinto con i paesaggi attuali ho notato che, a distanza di più di trent’anni, il tocco è lo stesso. L’anima è la stessa.
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